GINOSA – Negli anni 60 e 70 di quello che adesso chiamiamo il secolo scorso, i preti, da noi, a Ginosa, erano quasi tutti Montfortani, arrivati per la maggior parte da Bergamo, con la voce calda della Bassa Padana, a partire dal 1957, quando qui ancora c’erano le file dei traini con le lucerne e il boom economico era un’eco lontana, in cui i contadini dormivano ancora in casa con i muli.
Furono i Montfortani, con padre Umberto e con Lucio Paolo Bressan, che tutti noi ricordiamo come Fra Paolo , a cui Ginosa ha concesso la cittadinanza onoraria a creare la prima squadra di calcio, il festival della ciliegia d’oro, e a portare qui l’eco di un Sessantotto, che si respirava piano e di un Concilio Vaticano II ancora tutto da inventare. Crearono le prime aggregazioni, i gruppi scout, la Casa famiglia e il famoso Club dell’amicizia. È anche grazie a loro che Ginosa ha avuto negli anni una classe dirigente degna di questo nome.
I nomi che vengono alla mente sono tanti, padre Lino, padre Umberto, padre Paolo, Padre Ercole, Padre Antonio, padre Franco, padre Severo, fra’ Paolo… Padre Salvatore… Padre Andrea, Padre Valentino, Padre Roberto… Padre Domenico, Padre Luigi…
Tra i ricordi più vivi c’è sicuramente quello di un prete, dagli occhi castani e barba rossa che somigliava vagamente a Michele Strogoff.
Padre Santino Brembilla, a Ginosa, arrivò quasi in sordina; e divenne il primo prete operaio. Lasciò l’insegnamento di religione a un padre di famiglia e andò a lavorare in una ferramenta, al negozio di Pinuccio Basta. “Gli uomini non venivano mai in chiesa – mi disse in uno dei tanti incontri – dovevo lavorare con loro e andarli a trovare in piazza”. Il suo anticonformismo gli attirò l’ira delle beghine e dei baciapile di paese che lo accusarono di essere un prete marxista. Come al solito le categorie mentali di progressista e conservatore non valgono molto per capire e analizzare la Chiesa. Infatti fu proprio lui a portare a Ginosa anche il Cammino Neocatecumenale dello spagnolo Kiko Arguello, poi sviluppato da noi grazie anche all’azione di padre Lino Teolato, un movimento di nuova iniziazione cristiana che è considerato tra le esperienze più radicali, innovative ed integrali, nate dal Concilio Vaticano II.
Ma la vera vocazione di padre Santino, che in seminario aveva cominciato come liturgista, era ed è intimamente missionaria, proiettata verso il sud del mondo.
Da Ginosa andò in Perù, sul finire degli anni 70, in una missione nella selva, diviso tra i campesinos e i guerriglieri di Sendero luminoso. La sua parrocchia divenne un bunker, ma ognuno poteva trovarvi rifugio. Ha aiutato molta gente sulle Ande. Ma la carità per lui, anche quando significa rischiare la vita, deve illuminare il silenzio di un sorriso.
Diventò amico di Gustavo Gutierrez e Leonardo Boff, quelli che vennero definiti i preti rivoluzionari, e fu accusato di essere un teologo della Liberazione, ma rimase sempre obbediente alla Chiesa Cattolica. Ha conosciuto personalmente sia Woytila che Ratzinger. Non sappiamo se conosca personalmente Papa Bergoglio, ma sicuramente hanno camminato lungo gli stessi solchi,
Dopo tante insistenze, il prete dalla barba rossa tornò a Roma, quasi alla chetichella, senza dire nulla ai suoi fedeli peruviani, che di certo non l’avrebbero fatto partite a cuor leggero. Per un periodo andò a dirigere il seminario Superiore monfortano di Roma. Ma altre esperienze lo aspettavano. È stato per tre mandati padre Superiore di tutto l’Ordine Montfortano nel mondo.
Forse il vento del Concilio non si è spento, forse esiste una Provvidenza. La stessa Provvidenza che ogni credente incontra negli occhi di ogni persona, oltre gli steccati e le religioni, la stessa Provvidenza che ha fatto di me quello che sono e che diventa l’anima e la coscienza universale del mondo.
Padre Santino oggi vive in Francia, in una delle prime comunità monfortane, che rivive nei luoghi del fondatore, San Luigi Maria Grignion di Montfort. Quasi un voler tornare alle radici, per giovedì nuova linfa, alla luce di una fede autentica.
Ora al Cuore immacolato c’è una piccola comunità monfortana, con Padre Roberto, padre Nino, padre Gilberto e padre Domenico, che proseguono una missione di apostolato e di servizio, lunga più di 60 anni.
Ognuno di questi preti, dinamici e attivi, di questi mistici operativi, ha dato un volto alla fede, in cui riconoscersi.
Ciascuno è diventato parte di noi, con i suoi pregi e i suoi difetti di uomo che accetta di essere, nonostante i suoi e i nostri limiti, testimone di un Dio che si fa carne negli altri. Ad ognuno di loro dobbiamo un Grazie.
Michele Pacciana
PIÙ COMMENTATI